UN’ITALIA ECCEZIONALE – NUOVAMENTE TERRA DI TOSCANA

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In serata siamo ad Arezzo. La strada percorsa è la regionale 71, che passa sotto Perugia, costeggia il lago Trasimeno, ti permette di ammirare Cortona dal basso e infine attraversa Castiglion Fiorentino; a una settimana di distanza, salutando l’Umbria, si rientra nuovamente nella dolce terra di Toscana. Arezzo, unico capoluogo toscano a me ancora sconosciuto, è una cittadina di quasi 100.000 abitanti che sorge all’incrocio di quattro valli: il Casentino, la Valdarno, la Val di Chiana e la Valtiberina, ed è conosciuta nel mondo come la città dell’oro; su di essa potrei raccontarvi le cose carine viste il giorno successivo in una lunga e bella passeggiata, dalla casa di Petrarca alle logge medicee, da quel che resta dell’anfiteatro romano al castello sulla Rocca, dal bellissimo crocefisso ligneo di Cimabue nella chiesa di San Domenico, fino ad arrivare al Palazzo del Comune e alla Piazza Grande vestita a festa per la Giostra del Saracino, passando per tutti luoghi dove Begnini girò “La vita è bella”. Certo, potrei, ma la verità è che nulla di tutto ciò dettovi su Arezzo fino ad ora regge il confronto con quella fantastica fiorentina di carne chianina al sangue, mangiata la sera stessa all’osteria “Porcavacca”, di cui, come diceva Antonello Venditti “nelle notti d’estate/sento ancora la voce”. Grazie Arezzo per la bella giornata su e giù per le tue stradine, mi sei piaciuta, ti ho trovato semplice e a misura d’uomo, simpatici i tuoi abitanti e arieggiate le giornate di sole; un giorno è stato più che sufficiente per visitarti e nel pomeriggio il rientro a Milano è diventato improvvisamente realtà…

Prima però Firenze.
Firenze per riempirsi gli occhi un’ultima volta di magnificenza, di bellezza, di arte, di cultura, d’Italia. Firenze per una passeggiata a piazza Santa Croce, un caffè in piazza della Signoria, una foto su Ponte Vecchio e un po’ di spensieratezza al giardino di Boboli.
Firenze: perché credo ci siano tanti modi di concludere una vacanza, ma vedere tramontare il sole dietro la cupola del Brunelleschi, bevendo uno spritz a piazzale Michelangelo sapendo che il giorno dopo sarai in ufficio a Milano, sia il meglio che neanche Fellini, Monet e Neruda avrebbero mai potuto immaginare.

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UN’ITALIA ECCEZIONALE – ASSISI E SAN FRANCESCO

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Tra la cascata delle Marmore ed Assisi ci sono circa 80 km e vengono percorsi tutti su strada statale; comprendi la bellezza dell’Umbria passando attraverso i boschi e costeggiando le città di Spoleto e di Foligno.
Il tramonto attende ad Assisi e nessuno di noi è intenzionato a farlo aspettare. Dalla finestra dell’hotel “Il Castello”, che dà sulla piazza principale, facendoti intravedere la Basilica di San Francesco, il sole tramonta dietro la collina sulla quale si scorge Perugia in lontananza. È lunedì sera ed Assisi sembra bellissima, ma un po’ spenta, non ci sono molte persone in giro, sono tutte nei pochi ristorantini aperti; sono le ore 21.00 e la fame si fa sentire, quindi… Quindi ristorantino, bruschette al tartufo, antipasto misto di salumi e formaggi umbri, strangozzi al tartufo nero di Norcia, un buon vino rosso umbro e poi a nanna.
L’indomani mattina Assisi risplende di una bellissima luce di un sole d’agosto e la Basilica di San Francesco, a due passi dall’hotel, è la prima tappa di oggi. Mi piacciono le visite guidate a patto che la guida ci sappia fare e abbia quella vena ironica e carismatica per non appiattire il racconto facendo addormentare tutti; oggi la visita guidata è con un frate dell’ordine dei francescani: un talento rubato alla televisione, un misto tra un comico all’Alberto Sordi ed un carabiniere incazzoso intento e rigido nel far rispettare le regole: la visita della Basilica con lui assume tutto un’altro sapore; la Basilica di San Francesco ad Assisi, che dal 1230 contiene le spoglie del Santo, fu fatta costruire da papa Gregorio IX e da quel momento fu custodita ed affidata ai frati dell’ordine fondato da San Francesco che vivono nel convento annesso alla Basilica; si divide in due, quella Superiore e quella Inferiore ed è davvero unica nel suo genere. La visita che doveva durare circa un’oretta si è protratta per più di due ore tra le mille peripezie del frate che hanno raggiunto l’apice quando nella parte superiore ha “gentilmente” accompagnato fuori un turista inglese che, pensando di farlo fesso, continuava a fare foto nonostante i suoi avvertimenti. Il congedo del frate intorno all’ora di pranzo è stato nel chiostro del convento, un applauso è partito spontaneo da parte di tutti noi uditori perché l’arte mischiata alla comicità e contornata con la rigidità dell’arma dei carabinieri non è cosa che si vede spesso: lui con falsa modestia, sornione, se li è presi tutti accennando un aneddoto sui cavalli che mi porterò dietro per tutta la vita.
Su e giù per le viuzze di Assisi nelle ore successive, in un allenamento cardio fantastico, passando dalla Rocca Maggiore fino alla Basilica di Santa Chiara e San Rufino abbiamo potuto ammirare, ma più che altro percepire, la sacralità di questo luogo, e prima di andare via, l’ultima tappa d’obbligo è stata alla Porziuncola all’interno della Basilica di Santa Maria degli Angeli, altra Basilica papale extraterritoriale insieme a quella di San Francesco.
Insomma Assisi, di te avevo sempre sentito parlare, ma mai avuto il piacere di conoscerti, ora sei nel mio cuore, grazie per la tua ospitalità e per tutte le bellezze che nascondi. Arrivederci a presto!

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UN’ITALIA ECCEZIONALE – LA CASCATA DELLE MARMORE

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Con un po’ di lacrime negli occhi e dopo l’immancabile colazione con mozzarella di bufala, per la prima volta dall’inizio del viaggio il muso della macchina punta il nord: inizia la risalita dello Stivale. Il primo tratto è autostradale, impossibile da evitare, ma la noia viene spezzata alla vista del Vesuvio sulla sinistra passando vicino Napoli, poi Caserta e dopo alcuni chilometri l’uscita autostradale di Cassino, dalla quale il tragitto riprende su strade statali alla scoperta del centro Italia attraverso paesaggi fino a quel momento sconosciuti: si passa dalla Campania, al Lazio e poi all’Abruzzo, per poi rientrare nel Lazio e alla fine l’Umbria; i paesi toccati sono Sora, Avezzano, Rieti e Terni, attraversando paesaggi dal tratto lunare che ricordano il centro della Sicilia. Intorno all’ora di pranzo, con il sole alto nel cielo, in un giorno caldo di agosto la strada giunge a Marmore: siamo alla ricerca della cascata più alta d’Italia.
La cascata della Marmore è una cascata a flusso controllato inserita in uno splendido ed enorme parco alla fine della Valnerina, a circa 7 Km da Terni, in territorio umbro; con i suoi circa 165 metri di altezza divisi in tre enormi salti di cui il primo di quasi 90 metri è tra le più alte d’Europa e le sue acque vengono utilizzate per la produzione di energia elettrica. Arrivando da Rieti ti aspetti di trovarti al belvedere inferiore, ovvero sotto alla cascata, perché la strada non è mai salita fino a quel momento e invece sei al belvedere superiore dato che Marmore, un ridente comune di 800 abitanti, si trova sull’altopiano reatino a 376 mt sul livello del mare; giusto il tempo di fare il biglietto, un veloce pic-nic all’ombra dei salici del parco con le mozzarelle di bufala comprate la mattina stessa in Campania, e ci troviamo insieme ad altra gente sulla torretta di avvistamento del belvedere superiore da dove lo scenario è incredibile: la cascata ora è piccola, un ruscello lieve del fiume Velino, che salta timido nella valle del Nera lasciando intravedere la lussureggiante vegetazione sottostante; ma alle ore 15.00, il suono della campana lascia intendere che qualcosa sta per succedere ed infatti la cascata, che come detto è a flusso controllato dall’uomo per la produzione di energia elettrica, comincia a crescere diventando sempre più veemente; il timido ruscello lascia spazio ad un maestoso Velino che sfoga la sua rabbia nel primo salto di 90 metri che diventa per gli spettatori motivo di estasi. La cascata della Marmore mette l’uomo a confronto con la natura facendolo sentire piccolo, tanto piccolo; 15 metri cubi d’acqua al secondo saltano con una forza dirompente, coprendo tutta la vegetazione e le rocce sottostanti e nebulizzando tutta l’aria intorno; dal primo lago dove la cascata si getta nascono improvvisamente due arcobaleni enormi che lasciano i bimbi a bocca aperta dando un saggio di meraviglia; è solo una cascata, ma vorrei stare a guardarla per ore e ore esattamente come avrei voluto guardare la volta della Cappella Sistina; ho quasi 35 anni ma improvvisamente il piccolo Mat viene fuori felice ed in incantato come un bambino alle giostre. Il pomeriggio prosegue con la discesa dei milioni di gradini che conducono al belvedere inferiore, una sosta nella grotta degli innamorati, un caffè ammirando la cascata dal basso, qualche foto vicino ai due salti inferiori, l’ascesa dei milioni di gradini per tornare alla macchina, ottimo allenamento cardio per smaltire le mozzarelle di bufala, e alle ore 18.00, mentre il Velino torna ad essere timido, il viaggio prosegue in direzione Assisi…

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UN’ITALIA ECCEZIONALE – CILENTO DA SCOPRIRE

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Dopo due giorni di arte mista a fantascienza, con il cuore e gli occhi pieni di Roma il cammino riprende sempre verso sud; il Cilento, di cui tanto ho sentito parlare, è lì pronto per essere scoperto.
Uscita autostradale Eboli, la necessità è quella di fare rifornimento e la speranza è quella di trovare una pompa di benzina per non rimanere a piedi fermandosi come fece Cristo. Fatta benzina sulla statale che collega Eboli ad Agropoli, laddove i caseifici sono più fitti che i negozi cinesi in Paolo Sarpi, la meta è finalmente raggiunta: Paestum, o meglio Capaccio, o meglio Capaccio Capoluogo. Capaccio, che da giugno di quest’anno prende il nome di Capaccio Paestum è un comune di circa 22.000 abitanti che sorge alla pendici del monte Soprano, all’inizio del parco nazionale del Cilento; conosciuta per la zona archeologica di Paestum, questo ridente comune che si avvale del titolo di città dal 2014 è famosa nel mondo per aver dato i natali a tal Grippa Antonello, di cui già decantai le gesta eroiche tempo addietro, caro amico, proprietario della casa che ci ha dato un tetto per quattro giorni e degno cicerone di quello che si rivelerà territorio magico ed incantato. Arrivo in serata giusto in tempo per ammirare dal balcone di casa la meraviglia della piana del Sele all’imbrunire e l’isola di Capri in lontananza, accoglienza degna di un re: bocconcini di bufala e salsiccia nostrana, giro culturale in paese con visita guidata dell’Antica Barberia-Salone Rizzo e poi a nanna pronti per il primo giorno in terra Cilentana.
Primo giorno che si apre con colazione a base di yogurt di bufala e brioches al caseificio “Vannulo”, a quanto pare il più rinomato di tutto il territorio e famoso in tutto il globo, dato il numero di stranieri presenti, alla cui vista il mio pensiero è stato: “Ma questi, che ne sanno della mozzarella di bufala?”.
Visita ai templi di Paestum e poi finalmente, dopo giorni di arte e cultura, la vera arte di Dio: il mare! E che mare! Sabbia chiara, non caraibica, ma fine e soffice che rende l’acqua di un bell’azzurro intenso, poca gente, caldo sopportabile e giusta brezza marina, un buon libro e tanti saluti, come Cristo si fermò ad Eboli, Matteo si sarebbe fermato a Capaccio. Così si è aperta l’avventura nel parco nazionale del Cilento, proseguita nei giorni successivi con le visite di Calstellabate, Palinuro ed Agropoli, bellissima di sera ed affascinante di giorno, passando per la festa del pane di Trentinara con le sue ballate cilentane, la razzia di Salsicce, pancetta e vino rosso fatta nella cantina di Enzo, fino ad arrivare all’ultima sera con il capolavoro dei capolavori, l’apoteosi, la meraviglia, il trionfo del bene sul male: la “zizzona di Battipaglia” una mozarella di bufala da 1 kg regalatami dalla dolce Ilaria per il mio non compleanno e onorata da me con stile e delicatezza, mangiata con la consapevolezza della quale parla Buddha negli insegnamenti ai bambini nel mangiare i mandarini in “Siddharta”. Elisir di lunga vita e unica droga assunta in questa vacanza e in tutta la mia vita, la mozzarella di bufala campana è stata il leitmotiv di questi quattro fantastici giorni vissuti in territorio cilentano, terra difficile da dimenticare e degna di sosta ogni qualvolta dal nord ci si sposta verso il sud; come diceva Massimo Siani nel film “Benvenuti al Sud” girato giusto a Castellabate, un forestiero piange due volte quando viene al Sud, quando arriva e quando parte; il tempo di ripartire era arrivato e le lacrime, salutando Capaccio, Antonello e lo zio Antonio, che nel frattempo si era innamorato di Ilaria, non hanno tardato ad arrivare…

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UN’ITALIA ECCEZIONALE – LA MAGNIFICENZA DI ROMA

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Lasciata Gavorrano alle spalle la rotta ora è verso sud con obiettivo Roma. Comoda sarebbe l’Aurelia SS1, per arrivare dritti dritti sotto il Cupolone, ma la voglia di vedere e scoprire è tanta; lasciata allora Grosseto alle spalle, svolta a sinistra, direzione centro Italia, precisamente colline toscane, precisamente Pitigliano. Incredibile cittadina arroccata sul tufo, il cui centro storico viene chiamato anche “la piccola Gerusalemme” per la presenza della sinagoga dove si recava a pregare la comunità Ebraica; Pitigliano lascia senza fiato quando ci si arriva dal mare attraverso la strada regionale 74 Maremmana e si scorgono le case a strapiombo su questo enorme sperone di tufo. Al confine tra Toscana e Lazio questo gioiello della nostra Italia sovrasta sentieri, caverne e cunicoli segreti che danno vita ad un dedalo di camminate meravigliose e nascoste ai più. Una visita alla suggestiva chiesa di San Rocco, un panino con finocchiona e pecorino toscano accompagnato da un bicchiere di vino rosso Pitiglio all’ombra del Duomo nella piazza centrale e poi via verso il Lazio. Salutando la toscana, costeggiando il lago di Bolsena fino a Montefiascone si giunge sulla Cassia, che dopo svariati paesini laziali, passando in parte il lago di Bracciano, ti permette di entrare trionfante in quella che una volta fu la capitale del mondo: Roma.
Appartamentino a Piazza Trilussa nel cuore di Trastevere, per sentir entrare fino al midollo il friccicorio dell’aria romana da subito, la due giorni nella capitale inizia da “Enzo” trattoria dalle tanto amate (da me, perlomeno) tovaglie a quadretti rossi, per festeggiare il compleanno della mia bella e adorata compagna di viaggio e non solo: Ilaria. Bucatini all’amatriciana per iniziare e poi pollo ai peperoni e carciofi fritti e non, accompagnati da un Rosso dei Castelli; una birra in campo dei fiori e poi… E poi la magnificenza di Roma per due giorni, in lungo e in largo per la Città Eterna, dai musei vaticani al Campidoglio, dall’Altare della Patria al Colosseo passando per una pasta cacio e pepe ed una “cazziata” per essermi sdraiato, defilato, sul pavimento della Cappella Sistina per ammirare meglio l’opera immortale di Michelangelo; chilometri macinati e suole consumate laddove un tempo passavano bighe e centurioni impegnati nella creazione dell’Impero, attraversando le porte sante delle basiliche vaticane in quello che è l’anno del Giubileo della Misericordia. Insomma, Roma, è stata la quinta volta che ci siamo incontrati e ti ringrazio perché non sei mai scontata e stupisci sempre con nuovi angoli di rara bellezza e perché nessuna città è in grado di reggere il confronto per le emozioni che sai suscitare in me. Rome wasn’t build in a day e due giorni e mezzo non sono abbastanza per renderti l’omaggio che meriti, ma il mio cuore ebbro di te, sa che ci rivedremo il 2 Aprile 2017 per la maratona.
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UN’ITALIA ECCEZIONALE – LA MAREMMA GROSSETANA

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L’unico pezzo autostradale percorso, lungo e un po’ un noioso, è stato quello che da Milano ha condotto nella Maremma Grossetana.
La Maremma Grossetana, o Maremma propriamente detta, è la parte centrale di tutto il territorio maremmano, compresa nella provincia di Grosseto, lungo la costa tra il golfo di Follonica e la foce del torrente Chiarone che si getta in mare a sud del promontorio dell’Argentario e che comprende anche la bassa Valle dell’Ombrone. Tratto autostradale amico e conosciuto, percorso almeno due o tre volte l’anno per andare nella tanto amata Massa Marittima. Comune medioevale di circa 8.000 abitanti nel mezzo delle colline metallifere, Massa Marittima è considerato uno dei borghi più belli d’Italia; la sua piazza, dominata dalla cattedrale di San Cerbone è un gioiello nel cuore della Toscana e per me custode di tanti ricordi meravigliosi; le viuzze che da essa si diramano ti portano alla dolce scoperta di questo antico borgo; una in particolare, caratterizzata dai tanti scalini e dalla forte pendenza giunge nella parte alta della cittadina, fino al residence “Massa Alta”, un tempo gestito dall’amico e fratello Giancarlo, che ha dato le notti a tanti miei soggiorni come anche in questa occasione. Sono stati quattro giorni e tre notti alla sempre piacevole riscoperta di questo territorio meraviglioso: dalla piscina dell’hotel Girifalco fino alla spiaggia di Follonica, viva come non mai nel giorno di ferragosto; dall’immancabile aperitivo tra le barche a vela della marina di Scarlino, fino ad una cena tra amici alla “locanda De’ Medici” nel cuore della città di Grosseto, dove pappardelle al cinghiale, cinghiale in umido e i tipici pici cacio e pepe, accompagnati da un Morellino di Scansano, hanno dato vita ad una serata ebbra e bellissima. E poi ancora Castiglione della Pescaia, Gavorrano, Villa la Boccia fino all’ultima sera in giro per le già citate viuzze massesi in compagnia della famiglia più bella del mondo. Grazie amici, è stato come sempre un soggiorno meraviglioso conclusosi nel migliori dei modi, con una colazione casalinga in quel di Gavorrano, con i fantastici disegni offerti in dono dall’artista di casa, Marco, prima di ripartire per il resto del viaggio…

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UN’ITALIA ECCEZIONALE – Prologo –

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“Ultimo giorno di lavoro. Anche per me inizia un periodo di vacanza. Inizia e si sviluppa con un piccolo ma significativo viaggio all’insegna dell’amore, dell’amicizia e del buon cibo, alla scoperta di quel bel paese che tutto il mondo ci invidia e del quale credo noi che lo abitiamo ( almeno io ), non conosciamo ancora abbastanza, andando troppo spesso alla ricerca di tesori che molte volte non sappiamo essere più vicini di quanto pensiamo.”

Così iniziava il mio ultimo articolo un mese fa. Il viaggio c’è stato. Piccolo ma significativo come previsto; è nato e si è sviluppato, costruendosi ,arricchendosi e quasi autoalimentandosi giorno dopo giorno e chilometro dopo chilometro. Precisamente 12 i giorni e 2800 i km; 5 pieni di benzina; 4 regioni toccate; 1 paese fantastico, incredibile e sorprendente : L’ Italia. Poca autostrada e tante statali; i lunghi e noiosi rettilinei autostradali hanno lasciato spazio alle più divertenti e curvilinee strade secondarie, a volte collinari a volte litoranee, ma tutte vissute con il piacere di godersi il percorso, non con la smania di arrivare alla metà ma con la curiosità di sapere che cosa ci sarebbe stato dopo quella curva e quali avventure e leccornie avrebbero attese alla meta. E voi siete pronti a godervi questo viaggio? Benvenuti nell’ Italia che non ti aspetti…..

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GRAZIE E CIAO A TUTTI!

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Ultimo giorno di lavoro. Anche per me inizia un periodo di vacanza. Inizia e si sviluppa con un piccolo ma significativo viaggio all’insegna dell’amore, dell’amicizia e del buon cibo, alla scoperta di quel Bel Paese che tutto il mondo ci invidia e del quale credo, noi che lo abitiamo (almeno io), non conosciamo ancora abbastanza, andando troppo spesso alla ricerca di tesori che molte volte non sappiamo essere più vicini di quanto pensiamo. Avrei voluto farlo in moto, ma tante cose importanti successe ultimamente nella mia vita mi hanno fatto con gioia e non con dispiacere rimandare la scoperta dell’Italia su due ruote al prossimo anno. Credo che esistano molte forme di viaggio; io personalmente ne evidenzio due: il primo è il viaggio di chi parte per staccare, il secondo è il viaggio di chi parte per ispirarsi. Il viaggio di chi parte per staccare è quel viaggio che sembra non arrivare mai, quel viaggio per il quale conti i giorni, quel viaggio che ti fa passare dall’essere la persona più felice del mondo quando arriva, alla persona più triste quando finisce; quel viaggio che inizia con la parola “finalmente” e termina con la parola “purtroppo”, inversamente proporzionale ma filosoficamente identico a quel più settimanale “finalmente oggi è venerdì” e a quel “purtroppo oggi è lunedì”. Il viaggio di chi parte per ispirarsi sembra identico nella forma e nel contenuto ma è nelle sue sfumature che se ne possono cogliere le differenze; anche per esso conti i giorni, non per la fatica della vita che stai vivendo, ma per la voglia di sapere e conoscere cosa succede nel mondo là fuori, con la speranza e la consapevolezza di tornare più ricco di prima; è quel viaggio che inizia con te che sei la persona più felice del mondo e termina con te che sei più felice di quando sei partito, consapevole che un capitolo si è chiuso, ma certo che di quel capitolo saprai cogliere il sale, pronto a metterlo nella vita di tutti i giorni; anch’esso inizia con la parola “finalmente”, ma termina con le parole “non vedo l’ora”, non più inversamente proporzionali, ma allineate a quel “finalmente è venerdì” e a quel “oggi è lunedì, non vedo l’ora di vivere questa settimana”. Non sono il come, il cosa o il dove a fare la differenza, ma il perché; entrambi iniziano con la stessa gioia ed emozione, ma uno si spera che non abbia una fine, dell’altro invece se ne vede la fine perché si vede il nuovo inizio. Non credo che uno dei due sia migliore dell’altro, credo sia una questione di atteggiamento. Non so quale sia il tipo viaggio che avete fatto, state facendo o farete nei prossimi giorni, ma credo che per scoprirlo, se mai uno avesse voglia di saperlo, la domanda, se uno avesse mai voglia di porsela, in entrambi i casi potrebbe essere una cosa del tipo: “ Sono felice della vita che sto vivendo?”
Ultimo giorno di Lavoro. Anche per me inizia un periodo di vacanza. Inizia dopo un due settimane d’agosto passate qui a Milano. Direi nella stupenda Milano d’agosto, dove il clima è meraviglioso, i ritmi rallentano, la natura sboccia, i ristoranti si svuotano per te, il traffico diminuisce mentre il capitale umano aumenta. Quella Milano d’agosto dalla quale molti scappano, alcuni costretti dalla chiusura forzata del luogo di lavoro, altri perché smaniosi di scivolare via da una città logorante durante l’anno, ma diversa e ricca di opportunità durante questo mese, opportunità e ricchezze che, in entrambi i casi, non saranno colte da chi non sarà in grado di vederle.
Ultimo giorno di lavoro. Anche per me inizia un periodo di vacanza. Per chi come me lavora nello sport o nel fitness, oggi si chiude la stagione 2015/2016. E si chiude con un rush finale fatto di tante piccole cose e decisioni, faticose ma importanti che danno slancio per un viaggio di tipo ispirante, pronti a rientrare per iniziare la stagione 2016/2017 carichi come non mai per un anno che si preannuncia ricco di novità e di cose entusiasmanti con la rotta ben salda sul cambiamento del mondo. Si chiude con uno sprint pieno di allenamenti semplici ma intensi, per un ulteriore e preventivo aumento del metabolismo basale in vista della scoperta del meraviglioso cibo del Bel Paese. Si chiude con dei ringraziamenti ed un regalo. Ringraziamenti a tutte le persone che in questo anno ci sono state e a tutti voi che mi avete letto: grazie a chi ha fatto il tifo per me e ha chi ha sempre avuto una parola positiva e motivante. Grazie a chi mi ha criticato in modo costruttivo , è grazie a voi se sono cresciuto e mi sono migliorato. Grazie a tutti quelli che mi hanno criticato in modo meno costruttivo, esagerato, maleducato e soprattutto senza affrontarmi personalmente, è grazie a voi che le mie spalle sono diventate larghe e sexy e soprattutto che ho imparato come mai vorrei essere nella mia vita. Il regalo invece, è solo un piccolo dono, per chi vorrà accettarlo ed usarlo, che anticipa il futuro degli allenamenti che faremo insieme la prossima stagione e dei quali vi parlerò nel mio prossimo articolo; un piccolo dono fatto da chi crede che il movimento e l’attività fisica possano cambiare il mondo e salvare la vita di tante persone; un piccolo e semplice programma di allenamento da fare in vacanza o in città in questo finire di agosto, che dura appena 25 minuti, pensato sia per chi è già molto allenato, sia per chi ha voglia di iniziare a muoversi un p0′, la differenza starà nell’intensità che ci metterete e nelle varianti , più o meno intense, che deciderete di fare; da fare tutti i giorni o un giorno si e uno no o anche solo due volte a settimana fino settembre; non importa quale sia la vostra motivazione, su quella ci lavoreremo insieme, quello che importa è che siate consapevoli che la vostra vita ed il vostro benessere sono troppo preziosi per stare fermi in spiaggia o peggio ancora inchiodati al divano. Di seguito la spiegazione supportata dai video per i quali ringrazio Elisa per la realizzazione e ASICS per essere stato un fantastico partner tecnico per tutto l’anno. Scrivetemi e fatemi sapere come procede il vostro allenamento, noi ci vediamo con una V-ROVESCIATA dai posti più belli d’Italia.
IT’S A BIG WORLD. GET READY FOR IT.

ALLENATI CON MATTE
GRINTA

IN FORMA CON MATTEO

Round 1
5’ CORSETTA BLANDA per riscaldarsi (scegliete voi la velocità). In alternativa alla corsetta va benissimo camminare veloce o in leggera salita;
30” di GAMBE e GLUTEI – Squat o squat jump – guarda i video qui e qui per imparare il movimento – e nei 30” fanne più che puoi
30” di BRACCIA E PARTE ALTA – Push up a terra o al muro – guarda i video qui e qui per imparare il movimento – e nei 30” fanne più che puoi.
30” + 30” di ADDOMINALI E CORE – Mountain climber e Plank – Guarda i video qui e qui per imparare bene il movimento; nei primi 30” fanne più che puoi; nei secondi 30” resisti e non mollare.

Round 2
Uguale al Round 1. La corsa diventa di 4’ ma aumenta il ritmo.

Round 3
Uguale al Round 2. La corsa diventa di 3’ ma aumenta il ritmo.

Round 4
Uguale al Round 3. La corsa diventa di 2’ e il ritmo ora è sostenuto.

Round 5 – Ultimo round, solo 3’ da vivere tutti d’un fiato.
Uguale al Round 4. La corsa diventa di 1’ e deve essere uno sprint finale nel quale dai tutto quello che puoi.

Divertiti e alla fine fai un po’ di stretching a piacere; la V-rovesciata va benissimo, guarda quella che mi vedrai fare dai vari posti in Italia.

GRINTA






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LA MIA INFANZIA INTORNO AL MONDO

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Ci sono momenti della vita in cui capitano cose meravigliose, altri in cui capitano cose importanti. Quelli che io preferisco sono quelli in cui capitano cose meravigliose ed importanti insieme.
Alcuni giorni fa, il 14 Luglio alle ore 19.00 a Milano alla Libreria del Mare in via Broletto 28, è stato uno di quei momenti.
Uno di quei momenti in cui capita che un tuo amico scriva un libro e che lo venga a presentare a Milano; uno di quei momenti a cui tu non puoi rinunciare per nulla al mondo, non perché lui sia il tuo migliore amico, ma perchè è quell’amico che non vedi e che non senti da tempo, esattamente dal Marzo del 2004, e, per motivi che neanche lui sa, è una persona a cui pensi spesso e che non puoi rinunciare di rivedere. Capita che Umberto Caglini, questo è il nome del mio amico e autore del libro, sia stata una delle persone che mi abbia più ispirato nella mia vita; è grazie a lui, oltre che ai miei genitori, che faccio quello che faccio e che sono quello che sono; è stata la persona che ha radicato in me il concetto di “esempio” perché lui non parlava ma agiva e, anche se lui non lo sa, quando lo guardavo dentro di me pensavo “io voglio essere come lui”. Per certi versi posso dire che Umberto è stato il mio eroe.
Ho conosciuto Umberto Caglini da Fabriano detto Umbertissimo durante la mia prima stagione in un villaggio turistico come animatore sportivo; era l’estate del 2003 ed eravamo al “Santagiusta”, splendido villaggio “Grandi Viaggi” situato nel sud della Sardegna, a Costa Rei, sopra Villasimius. A quell’epoca lui era il “Capomare” ed io l’istruttore di fitness. Ventiduenne e molto palestrato, mai mi ero cimentato nella nobile e antica arte della vela; nato e cresciuto a Genova avevo sempre e solo immaginato il mare non come terreno di conquista, ma come semplice luogo di balneazione. Umbertissimo invece della vela faceva il suo pane quotidiano e quella rosa dei venti tatuata al centro della sua schiena abbronzata, era per me oggetto misterioso e affascinante. Fu così che un giorno, Dario, uno degli istruttori di vela capitanati da Umberto si fece male al ginocchio e fu costretto a tornare in quel di Brescia e, liberatosi un posto in “casavela”, il prode Umberto chiese a me, umile e disoccupato al mattino istruttore di fitness, di prendere il suo posto. Io di vela non sapevo nulla, i venti mi erano sconosciuti e i termini marinari mi sembravano ostrogoto; lui che le derive, al soffiar dei venti, faceva danzare, mi disse di non preoccuparmi, che avrei fatto il corso che facevano i clienti per una settimana e poi da quella successiva avrei iniziato anche io ad andar per mare. Peccato che il primo giorno di corso si presentarono tantissime persone tra cui molti bambini e, dopo la lezione di teoria di trenta minuti tenuta da Umberto, lo stesso mi disse : – Matteo è il tuo momento, quello è il catamarano, quelli sono cinque bambini, vai! Non scorderò mai gli sguardi di quei bambini per i quali passai, nel giro di pochi minuti, da essere il loro idolo indiscusso, comandante di quella che per loro era la nave più bella del mondo, a totale inetto, neanche in grado di uscire dalla corsia di lancio, mentre i loro amici con gli altri istruttori già veleggiavano a largo. Così iniziò la mia carriera da velista e la mia passione per il mare e le barche a vela. Per tutta l’estate del 2003 mi impegnai per diventare sempre più bravo come prevede l’arte del Kai-zen. Capitava che durante la pausa pranzo mi fermassi a casavela e mentre i clienti del villaggio pranzavano, io provavo a bordeggiare facendo il pelo al famoso scoglio di Peppino; capitava che, nel primo pomeriggio, in procinto di risalire verso la palestra, luogo che a me competeva, mi fermassi in spiaggia, senza che lui se ne accorgesse, ad osservare Umbertissimo che, ora con il catamarano, ora con il windsurf danzava come un derviscio sulle onde facendo l’amore con il mare.
Fu quello il primo momento in cui pensai che volevo essere come lui.
Capitò che lo stesso Umbertissimo lo ritrovai, dopo averlo salutato alla fine dell’estate, qualche mese più tardi, sulle nevi del Monterosa Ski, precisamente a Gressoney, sempre per “Grandi Viaggi”; io e lui eravamo i due accompagnatori sci. Onorato e felice di tornare a lavorare con il mio “supereroe”, ero convinto che almeno sugli sci potessi essere io ad insegnar lui come si faceva, ma mi sbagliavo: il mare era diventato neve, il catamarano un paio di sci Volkl P60 arancioni, ed Umberto continuava la sua danza d’amore appassionata come quella dei nibbi reali anche in montagna, districandosi leggiadro tra una carvata ed un’altra, in pista e fuori pista, facendomi desiderare sempre di più di essere come lui. Fù una grande stagione invernale, entusiasmante e ricca di aneddoti per i quali potrei incollarvi alla lettura per ore, ma non ora; posso però dirvi con certezza che fu grazie a tutte le cose che imparai con lui durante quell’inverno che, una volta trasferitomi a Milano, dopo qualche anno fondai GetFIT EXPERIENCE.
Capita ora che quel ragazzo di cinque anni più grande di me, allora ventisettenne e ora quarantenne, dopo aver navigato per le avventure della sua vita in questi tredici anni, si sia sposato, abbia avuto due bimbi bellissimi, e che, seguendo la sua natura di nobile filibustiere abbia deciso di prendere la sua famiglia e trasferirsi a Tenerife per un nuovo ed incredibile capitolo della sua vita.
Capita che quel ragazzo abbia appena scritto un libro dal titolo “LA MIA INFANZIA INTORNO AL MONDO”, perché a quanto pare Umberto, dai 6 agli 11 anni, abbia vissuto su una barca a vela con i suoi genitori che, una volta fatta la scelta di lasciare Milano e due carriere che non li rendevano felici, hanno costruito una barca a vela e circumnavigato tutto il globo terracqueo, dal 1982 al 1987, portandosi dietro il piccolo Umberto, facendolo studiare durante la navigazione, facendogli prendere la licenza di scuola elementare nel nord dell’Australia e facendogli vivere delle incredibili avventure che lo stesso Umberto ci racconta in questo libro, pubblicando il diario di bordo che lui teneva in quegli anni e ritrovato in uno scatolone durante un trasloco, solo alcuni anni fa, facendo così vivere e vedere il mondo al lettore attraverso lo straordinario, puro ed affascinato sguardo di un bambino di soli 6 anni.
Ho acquistato il libro la sera della presentazione, qualche giorno fa in via Broletto, ne ho regalato una copia al mio amico, collega e velista esperto Enrico, e ho iniziato a leggerlo subito. Mi mancano poche pagine alla fine, ma avevo voglia di raccontarvi fin d’ora questa storia; questa storia che parla di un viaggio, di amicizia e di amore; questa storia scritta non per chi ama la vela, ma per chi ama la vita, per chi tenta di cambiarla piuttosto che accettare di vivere in quella che gli è stata data; questa storia vista con gli occhi di quel bambino che ora più che mai capisco il perché da grande sarebbe diventato il mio eroe. Spero tutti voi possiate leggere questo libro dandogli il significato che ognuno di voi vorrà dargli. Per tutti quelli che più sfortunati non lo leggeranno, non voglio essere io a raccontarlo, ma vi lascio con la dedica che l’autore fa all’inizio e che vi fa capire chi è Umberto Caglini :
“A mia madre Laura e a mio padre Pepe. Per il loro amore incondizionato. Per il loro straordinario coraggio mai ostentato. Per avermi insegnato a navigare in acqua e sulla terraferma. I migliori marinai che abbia mai incontrato. I miei Eroi.
A mia moglie Ylenia. Per il suo amore profondo come un oceano. Per avermi insegnato ad amare. Lei, per sempre.
A Ginevra e a Tommaso Giuseppe. Perché da grandi possano avere tutti gli strumenti necessari per orientarsi in caso di tempesta. Perché possano amare, liberi, il mare.”

Caro Umberto ora, sai cosa hai rappresentato per me. Giovedì sera in via Broletto, sulla copia del mio libro mi hai fatto una dedica, la stessa dedica la giro uguale a te :
“A Umberto. Abbiamo navigato tanto insieme, in mare ed in montagna. E che sia così per sempre.”
Grinta

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STEVE JOBS A FORMENTERA

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Sono passate ormai tre settimane da quando siamo tornati da Formentera. Volutamente non ho scritto nulla a riguardo al rientro perché in realtà i pensieri avuti, le riflessioni fatte e le emozioni vissute sono state tante e diverse. Oggi, dopo un bellissimo week-end passato sul lago di Como, del quale racconterò prossimamente, colgo l’occasione per riordinare alcuni pensieri e scrivere alcune considerazioni su un’isola che ho trovato bizzarra.
TEMA: FORMENTERA VISTA DA MATTEO SCORZA
Cara Formentera, si dice che l’aspettativa spesso rovini le cose, e io su di te avevo un’aspettativa altissima, datami da tutti quelli che ti hanno visitato, vissuto e da te sono stati stregati. Sei la più piccola delle isole Baleari e dal punto di vista paesaggistico e climatico mi hai regalato una settimana meravigliosa; mentre in Italia e nel resto dell’Europa i nubifragi flagellavano le città, tu, con i tuoi 28/30 gradi e mai una nuvola in cielo, mi hai fatto passare sette giorni d’incanto facendomi rientrare in patria abbronzato e invidiato. Devo ammettere che erano anni che non vedevo un mare così azzurro e caraibico grazie al quale ho potuto fare innumerevoli bagni che hanno dato il via ad una (spero) florida stagione balneare. La tua vegetazione rigogliosa e mediterranea crea scorci di rara bellezza e le tue dimensioni alquanto ridotte ti rendono un’isola a misura d’uomo, proprio come piace a me. Inoltre la compagnia (ma questo non dipende da te) è stata davvero ottima e il bel gruppo che si è creato mi ha fatto vivere momenti intimamente preziosi, di sincera condivisione e di sano divertimento. Cara Formentera devo ammettere che sei davvero bella! Talmente bella che, dopo averti finalmente visto, non credo tornerò più! Sì, cara Formentera, credo onestamente che la tua bellezza non valga quanto tu ti faccia pagare. Mi parlavano di te come un di isola di hippy liberi e felici, ma di loro non ho trovato traccia, credo abbiano lasciato spazio ad una nuova categoria di finti hippy, più simili a fighètti di periferia che di trasgressivo hanno solo i pantaloni a trequarti. Credevo di trovare un’isola dal sapore e dalla lingua spagnola, ma mi sono ritrovato in un’isola italiana, vissuta da italiani, invasa da italiani, colonizzata da italiani, dove la lingua principale è l’italiano e dove una persona che parla spagnolo viene visto con diffidenza; speravo di perfezionare il mio spagnolo e torno con la certezza di un perfetto italiano in grado di essere compreso da chiunque. Mi avevano parlato dei tuoi meravigliosi “chiringuiti” sulla spiaggia, selvaggi e vissuti da surfisti in costume, dai quali si vede il tramonto più bello del mondo; in effetti sono meravigliosi e il tramonto mozzafiato, ma il selvaggio ha lasciato spazio al pettinato e i surfisti si sono tramutati in tronisti in canotte ascellarmente smanicate, muniti di I Phone 6 e crocifissi d’oro al collo, ovviamente rigorosamente italiani; speravo di ballare sulla sabbia al ritmo di una chitarra gitana e invece mi sono ritrovato al “Rigatoni” a cantare Azzurro per poi trasferirmi al “Pineta”, discoteca al chiuso gemella di quella di Milano Marittima. Insomma, Formentera, sei un’isola davvero bella, ma, non per colpa tua, ti ho trovato deturpata nella tua anima, da bifolchi esseri umani che come pecore seguono la massa anziché sviluppare fantasia. Quando questa bolla mediatica sarà finita e veline e calciatori migreranno in altri lidi portandosi dietro il gregge, torna con la testa sulle spalle, rientra nei ranghi, scendi dal piedistallo, abbassa i prezzi e umile, se vorrai, prova a riconquistare un ragazzo ormai uomo, che dopo averti vissuta per una settimana, ad oggi sceglierebbe la più italiana, morigerata, ma ugualmente splendida Lampedusa. Però ti ringrazio perché nella bellezza delle tue spiagge, tra un PR e l’altro, ho trovato pace per la mia lettura e mi sono immerso nella biografia di Steve Jobs; tanto ho sottolineato e tanto ho scolpito nella mia mente, ed un pensiero su tutti, per me ispirante da sempre, mi ha colpito e mi ha fatto aver voglia di condividerlo con voi: “Tornare in America fu per me uno shock culturale, molto più forte che andare in India. La gente della campagna indiana non usa, come noi, la razionalità, bensì l’intuizione, e la sua intuizione è molto più sviluppata che nel resto del mondo. L’intuizione è una cosa molto potente, a mio avviso più potente della razionalità. Questa cosa ha avuto una grande influenza sul mio lavoro. Il pensiero razionale occidentale, non è una caratteristica umana innata; è appreso ed è la grande conquista della civiltà occidentale. Nei villaggi dell’India non lo hanno mai imparato. Hanno imparato qualcos’altro, che sotto certi profili è altrettanto prezioso, ma sotto altri no. È il potere dell’intuizione e della saggezza esperienziale. Tornando a casa, dopo aver passato sette mesi nei villaggi indiani, ho visto sia la follia del mondo occidentale sia la sua capacità di pensiero razionale. Se si sta seduti ad osservare , si vede quanto è inquieta la mente. Se si cerca di placarla, diventa ancora più inquieta, ma nel corso del tempo si calma e quando lo fa, c’ è spazio per udire cose più sottili: a quel punto l’intuizione fiorisce, si cominciano a vedere le cose più chiaramente e si è più radicati nel presente. La mente rallenta e in quell’attimo si vede un’immensa estensione, si vede molto più di quanto non si fosse visto prima. È una disciplina: bisogna praticarla. Da allora, lo zen ha rappresentato una profonda influenza nella mia vita. Ad un certo punto ho pensato di andare in Giappone e cercare di entrare nel monastero di Eihei-ji, ma il mio consigliere spirituale mi esortò a restare qui. Disse che laggiù non c’era niente che non ci fosse anche qui, e aveva ragione. Appresi la verità del detto zen secondo il quale, se si è disposti a girare il mondo per conoscere un maestro, ne apparirà uno alla porta accanto”.
Caro Steve, ti confermo che nessun maestro mi è apparso al “Rigatoni”.
Grinta

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