STEVE JOBS A FORMENTERA

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Sono passate ormai tre settimane da quando siamo tornati da Formentera. Volutamente non ho scritto nulla a riguardo al rientro perché in realtà i pensieri avuti, le riflessioni fatte e le emozioni vissute sono state tante e diverse. Oggi, dopo un bellissimo week-end passato sul lago di Como, del quale racconterò prossimamente, colgo l’occasione per riordinare alcuni pensieri e scrivere alcune considerazioni su un’isola che ho trovato bizzarra.
TEMA: FORMENTERA VISTA DA MATTEO SCORZA
Cara Formentera, si dice che l’aspettativa spesso rovini le cose, e io su di te avevo un’aspettativa altissima, datami da tutti quelli che ti hanno visitato, vissuto e da te sono stati stregati. Sei la più piccola delle isole Baleari e dal punto di vista paesaggistico e climatico mi hai regalato una settimana meravigliosa; mentre in Italia e nel resto dell’Europa i nubifragi flagellavano le città, tu, con i tuoi 28/30 gradi e mai una nuvola in cielo, mi hai fatto passare sette giorni d’incanto facendomi rientrare in patria abbronzato e invidiato. Devo ammettere che erano anni che non vedevo un mare così azzurro e caraibico grazie al quale ho potuto fare innumerevoli bagni che hanno dato il via ad una (spero) florida stagione balneare. La tua vegetazione rigogliosa e mediterranea crea scorci di rara bellezza e le tue dimensioni alquanto ridotte ti rendono un’isola a misura d’uomo, proprio come piace a me. Inoltre la compagnia (ma questo non dipende da te) è stata davvero ottima e il bel gruppo che si è creato mi ha fatto vivere momenti intimamente preziosi, di sincera condivisione e di sano divertimento. Cara Formentera devo ammettere che sei davvero bella! Talmente bella che, dopo averti finalmente visto, non credo tornerò più! Sì, cara Formentera, credo onestamente che la tua bellezza non valga quanto tu ti faccia pagare. Mi parlavano di te come un di isola di hippy liberi e felici, ma di loro non ho trovato traccia, credo abbiano lasciato spazio ad una nuova categoria di finti hippy, più simili a fighètti di periferia che di trasgressivo hanno solo i pantaloni a trequarti. Credevo di trovare un’isola dal sapore e dalla lingua spagnola, ma mi sono ritrovato in un’isola italiana, vissuta da italiani, invasa da italiani, colonizzata da italiani, dove la lingua principale è l’italiano e dove una persona che parla spagnolo viene visto con diffidenza; speravo di perfezionare il mio spagnolo e torno con la certezza di un perfetto italiano in grado di essere compreso da chiunque. Mi avevano parlato dei tuoi meravigliosi “chiringuiti” sulla spiaggia, selvaggi e vissuti da surfisti in costume, dai quali si vede il tramonto più bello del mondo; in effetti sono meravigliosi e il tramonto mozzafiato, ma il selvaggio ha lasciato spazio al pettinato e i surfisti si sono tramutati in tronisti in canotte ascellarmente smanicate, muniti di I Phone 6 e crocifissi d’oro al collo, ovviamente rigorosamente italiani; speravo di ballare sulla sabbia al ritmo di una chitarra gitana e invece mi sono ritrovato al “Rigatoni” a cantare Azzurro per poi trasferirmi al “Pineta”, discoteca al chiuso gemella di quella di Milano Marittima. Insomma, Formentera, sei un’isola davvero bella, ma, non per colpa tua, ti ho trovato deturpata nella tua anima, da bifolchi esseri umani che come pecore seguono la massa anziché sviluppare fantasia. Quando questa bolla mediatica sarà finita e veline e calciatori migreranno in altri lidi portandosi dietro il gregge, torna con la testa sulle spalle, rientra nei ranghi, scendi dal piedistallo, abbassa i prezzi e umile, se vorrai, prova a riconquistare un ragazzo ormai uomo, che dopo averti vissuta per una settimana, ad oggi sceglierebbe la più italiana, morigerata, ma ugualmente splendida Lampedusa. Però ti ringrazio perché nella bellezza delle tue spiagge, tra un PR e l’altro, ho trovato pace per la mia lettura e mi sono immerso nella biografia di Steve Jobs; tanto ho sottolineato e tanto ho scolpito nella mia mente, ed un pensiero su tutti, per me ispirante da sempre, mi ha colpito e mi ha fatto aver voglia di condividerlo con voi: “Tornare in America fu per me uno shock culturale, molto più forte che andare in India. La gente della campagna indiana non usa, come noi, la razionalità, bensì l’intuizione, e la sua intuizione è molto più sviluppata che nel resto del mondo. L’intuizione è una cosa molto potente, a mio avviso più potente della razionalità. Questa cosa ha avuto una grande influenza sul mio lavoro. Il pensiero razionale occidentale, non è una caratteristica umana innata; è appreso ed è la grande conquista della civiltà occidentale. Nei villaggi dell’India non lo hanno mai imparato. Hanno imparato qualcos’altro, che sotto certi profili è altrettanto prezioso, ma sotto altri no. È il potere dell’intuizione e della saggezza esperienziale. Tornando a casa, dopo aver passato sette mesi nei villaggi indiani, ho visto sia la follia del mondo occidentale sia la sua capacità di pensiero razionale. Se si sta seduti ad osservare , si vede quanto è inquieta la mente. Se si cerca di placarla, diventa ancora più inquieta, ma nel corso del tempo si calma e quando lo fa, c’ è spazio per udire cose più sottili: a quel punto l’intuizione fiorisce, si cominciano a vedere le cose più chiaramente e si è più radicati nel presente. La mente rallenta e in quell’attimo si vede un’immensa estensione, si vede molto più di quanto non si fosse visto prima. È una disciplina: bisogna praticarla. Da allora, lo zen ha rappresentato una profonda influenza nella mia vita. Ad un certo punto ho pensato di andare in Giappone e cercare di entrare nel monastero di Eihei-ji, ma il mio consigliere spirituale mi esortò a restare qui. Disse che laggiù non c’era niente che non ci fosse anche qui, e aveva ragione. Appresi la verità del detto zen secondo il quale, se si è disposti a girare il mondo per conoscere un maestro, ne apparirà uno alla porta accanto”.
Caro Steve, ti confermo che nessun maestro mi è apparso al “Rigatoni”.
Grinta

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