UNA GIORNATA AL SALONE DEL MOBILE DI MILANO

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“In questi giorni Milano è bellissima, i grattacieli sono illuminati, il tempo è bello, ci sono feste, colori e tanta gente per strada perché è la settimana del Salone Del Mobile. Interi quartieri sono diventati spazi espositivi, latterie, ferramenta ed elettrauto sono stati requisiti ed affittati da stilisti e designer di tutto il mondo. Ci sono eventi dappertutto e la gente va nelle strade ed entra nei cortili e chiede se c’è un evento, si vedono i portinai mandare via gruppi di giapponesi dalle rampe delle scale dei condomini, perché i giapponesi le hanno confuse per installazioni e fotografano anche le rastrelliere delle biciclette. Per strada gira gente fighissima, con gli occhiali grandi grandi, le barbe lunghe lunghe e i risvolti dei pantaloni tirati su come quando ti si è allagata la casa e aspetti l’idraulico, essi sono gli hipster, chissà dove vivranno e cosa faranno per tutto il resto dell’anno. Ci sono grandissimi padiglioni con oggetti molto belli e dopo un po’ di tempo si capisce anche che cosa sono; ne sono sempre molto attratto ma mi fanno sentire a disagio rispetto alle cose di casa mia, io a casa ho un tavolo fatto a tavolo, invece se al salone vedi un tavolo e lo chiami tavolo chi o ha progettato un po’ si offende. In un padiglione ho visto una poltrona che mi sembrava abbastanza comoda ma il signore che me la descriveva mi ha detto che non era una poltrona ma un oggetto che esaltava l’espressività e mi ha dato una brochure; effettivamente non c’era da nessuna parte scritto che si trattava di una poltrona ma che si chiamava PENSIERO ed era un progetto per dare forma allo spazio. Quando ho chiamato lampada una lampada mi hanno detto che era un parallelepipedo oscuro e opaco e infatti si chiamava IMMAGINAZIONE perché non emette luce, bisogna immaginarla. Mi hanno anche detto che viviamo in un’epoca in cui la flessibilità degli ambienti è essenziale: “anche quel divano è flessibile?” ho chiesto vedendo un divano: “non è un divano, nulla è più un divano” mi ha risposto il responsabile dello stand, “è piuttosto un luogo di incontro per promuovere socialità e confronto, si chiama SQUARE”. A 500 mt da casa mia c’è una falegnameria, restaurano mobili vecchi e ne costruiscono di nuovi, per me hanno fatto un armadio e riparato un sacco di cose; il titolare si chiama Fabio, sono andato a salutarlo e gli ho chiesto cosa stesse facendo: “sto facendo sei sedie, non vedi?”, erano fatte a sedia con quattro gambe ciascuno e così l’ho abbracciato, non perché fossero particolarmente belle ma perché le ha chiamate con il loro nome. Alla fine della visita al salone del mobile, stanco ma contento per la bella giornata appena trascorsa, ho capito che sarebbe rilassante vivere in un mondo in cui le sedie si chiamano sedie, le cucine cucine, i divani divani e le cazzate… cazzate!”

Domenica appena trascorsa, 17 Aprile 2016, sono stato al Salone Del Mobile di Milano e avrei tanto voluto scrivere io il tema che avete appena letto e invece lo ha scritto Fabio Fazio (o i suoi autori) che lo ha letto in diretta nel prologo della puntata di CHE TEMPO CHE FA di sabato sera 16 Aprile. Domenica appena trascorsa sono stato al Salone Del Mobile di Milano, erano dieci anni che non ci andavo e forse contrariamente a molti non l’ho trovato un gran che. Me lo ricordavo più bello, forse perché quando lo vidi la prima volta nel 2005 avevo gli occhi della tigre di un ventitreenne rampante e “self made man”, venuto dalla piccola città per conquistare la grande metropoli; o forse perchè il fascino romantico e cittadino della vecchia Fiera Milano City vince a mani bassi sulla magnificenza un po’ fredda e periferica della nuova fiera di Rho; o forse semplicemente perchè mi aspettavo che con i trenta euro del biglietto di ingresso mi dessero almeno un forno a microonde. La verità è che non l’ho trovato un gran chè perché personalmente ho visto tanti immensi e spesso inutili luccichii, così vicini agli occhi di quel ventitreenne rampante che ormai non c’è più, ma così lontani dal cuore di un nuovo maturo trentaquatrenne alla disperata ricerca di cose semplici e modeste, felice comunque nel sapere, o quantomeno sperare, che la fiera sia andata bene a livelli di numeri.
E poi ci sono stati tutti gli eventi del fuori salone che per una settimana hanno animato e colorato la città, meta immancabile un tempo del vecchio ventitreenne e motivo di traffico inutile per il giovane trentaquatrenne che torna a casa stanco dopo una giornata di lavoro. Di tutte le cose del fuori salone che, tengo a precisare, non ho visto, una su tutte mi ha colpito e fatto ridere come avrebbe fatto un tempo quel ventitreenne rampante, un post del “Milanese imbruttito” che recitava più o meno così : “CAZZO ANDATE TUTTI AGLI EVENTI DEL FUORI SALONE CHE POI LA DOMENICA SIETE TUTTI ALL’IKEA!”

Grinta

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