PERFETTI SCONOSCIUTI

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Odio gli smartphone. Da un po’ di mesi a questa parte rifletto sull’uso del telefonino, che telefonino più non è, ma si è trasformato in una vera e propria appendice della mano. Rifletto su questo tema ogni lunedì mattina, da quando, da un po’ di mesi, per andare a Sesto San Giovanni uso la metropolitana al posto dello scooter e osservo quei fantasmi lobotomizzati intorno a me, che vivono immersi in un mondo virtuale fatto di vite altrui racchiuse dentro quella piccola scatola. Rifletto da quando mi sono accorto che anche io ero un fantasma lobotomizzato. Rifletto da quando ho ricordato che parecchi mesi fa, la mia amica Sara, durante una cena tra amici che non vedevo da tempo, già allora, mi fece notare la mia presenza – assenza, presenza fisica e assenza mentale, smarrita nei meandri delle applicazioni di quella piccola scatola. Rifletto da quando il mio migliore amico e collaboratore più stretto, durante le riunioni, seduto ad un metro da me mi mandava le mail per dirmi di avere una postura più corretta durante la riunione. Rifletto da quando ad ogni momento del giorno e della notte mia arrivano mail, notifiche messaggi, suonerie, avvisi, fax, posta e piccioni viaggiatori sottoforma di duemila suonerie diverse e fastidiose come una multa sul parabrezza. Rifletto da quando la gente ha scoperto i “messaggi vocali”, flagello moderno di Dio, dopo la peste e l’invasione delle cavalette. Rifletto da quando un mese fa, per due settimane, non mi ha funzionato WhatsApp e la mia vita, nonostante tutto, è continuata regolarmente senza problemi o tragedie; a cambiare sembra sia stata quella dei miei amici o colleghi che mi hanno più volte scritto preoccupati che stessi bene, perché era da quel tale giorno a quella tale ora che non mi collegavo. Rifletto da quando il mio amico Carlo, durante quelle due settimane mi ha mandato un messaggio su WhatsApp per dirmi che non mi funzionava WhatsApp. Rifletto da quando ho capito che rifletto troppo.
Rifletto e penso che tutto questo non mi piace più! Non sono così stupido da non capire quanto io già sia immerso in tutto questo, da non capire che il mondo va avanti e bisogna stare al passo con i tempi, da non capire quanto abbia amato e ami ancora Steve Jobs, da non capire che se scrivo ciò su cui rifletto è perché ci sono dei lobotomizzati che mi leggono, ma tutto questo non mi piace più e quindi, caro mio Smartphone, ti spengo, perché io sono più forte di te. La modalità aereo è l’antidoto ai messaggi vocali, paragonabile solo all’antidoto per l’ebola: da quando ho scoperto questa modalità e deciso di applicarla in determinati momenti della mia vita, la mia vita stessa è cambiata. Per esempio in metropolitana. Ho appena finito di leggere due libri, era da tempo che non mi capitava una doppietta simile: li ho letti mentre andavo a sesto san Giovanni il lunedì mattina; li ho letti in 3 mesi e 12 lunedì certo, ma lo “spegnimento assistito” ha funzionato. E’ vero: ora so un po’ meno della vita degli altri, ma so un po’ più della mia e, da essere pensante, sono in grado di mettere in pratica nozioni apprese. Mi godo le mie mattinate a casa quando inizio tardi a lavorare e ne approfitto per scrivere e studiare un po’; la piccola scatola è li vicino a me che mi guarda senza poter parlare perchè io l’ho imbavagliata. La sera a cena o di giorno a pranzo, lei non parla e io mi godo la compagnia dei miei interlocutori, che spesso e volentieri sono impegnati a mandare messaggi o a controllare su FB se la vita di qualcuno è cambiata negli ultimi trenta secondi, ma pazienza: per questo esiste un buon bicchiere di vino. Io, ebbro, non mollo. Ho deciso di non leggere più messaggi troppo lunghi, a meno che siano scritti da persone interessanti, perchè penso che molte persone abbiano tanto tempo da perdere mentre io invece non ne ho, e, per etica e forte morale, che trasuda dell’inizio di questo articolo, ho detto NO ai messaggi vocali, se qualcuno non ha abbastanza tempo da perdere, per scrivermi un messaggio troppo lungo che non leggerò, allora vuol dire che sono troppo poco importante per quella persona da mandarmi un messaggio vocale che non ascolterò. Certo non è tutto così semplice, bello ed immediato: spegnere uno smartphone o metterlo in modalità aereo è meraviglioso e soddisfacente ma ci sono delle piccole controindicazioni, una su tutte: riaccenderlo! La riaccensione, dopo il divorzio ed il trasloco, è uno dei momenti più traumatici della vita, ma prima o poi deve avvenire; infiniti messaggi, beep e notifiche di applicazioni sconosciute si accumulano in quel secondo di terrore e sconforto che, ahime!, diventa ancor più di terrore e sconforto quando quel secondo rimane silenzioso e ci accorgiamo di non essere stati cercati e siamo intimamente infelici nel renderci conto che nessuno ci ha cagati.
Infine, rifletto e decido di non abusare di questo singolare e diabolico oggetto, dopo aver visto domenica scorsa al cinema “PERFETTI SCONOSCIUTI”. Un film a dir poco geniale nella sua semplicità, comico ed irriverente, divertente ma angosciante che, grazie ad una regia formidabile e ad un cast tutto italiano da oscar, disegna uno spaccato della società moderna, di come siamo diventati noi, delle nostre labili certezze e delle nostre debolezze nell’essere stati battuti da un piccolo demone instauratosi come un cancro. Se posso permettermi vi consiglio di andare a vedere il prima possibile questo capolavoro della cinematografia italiana e dopo averlo visto, se ancora vorrete, di condividere le vostre riflessioni con me. Per chi non lo andrà a vedere, il film si conclude con questa frase : “Siamo tutti frangibili e, deboli, abbiamo rinchiuso le nostre vite dentro ad una piccola scatola”.
Meditate gente meditate, e tu Carlo, amico mio, stai tranquillo: WhatsApp, grazie a Dio, è tornato a funzionare.

Grinta

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